“Il cuore dello Shiatsu è come il puro affetto materno, la pressione delle mani fa scorrere le sorgenti della vita”: è questa una delle frasi ricorrenti, che accompagnano le presentazioni. Con questa frase, vera nel suo senso più implicito, il Maestro Tokujiro Namikoshi ci dice che lo shiatsu è come l’abbraccio di una madre che culla il suo bambino; questo cullare implica, a tutte le latitudini e in tutte le civiltà, un ritmo dolce, costante, quasi sempre accompagnato da un canto che esce dal cuore. Questo ritmo e
questo cullare permettono al bambino di affidarsi totalmente all’abbraccio (che è amorevole sostegno) di sua madre e pian piano cedere e concedersi all’abbandono, al sonno, al cambiamento, alla crescita.
Possiamo fare diverse letture di questa metafora del senso dello shiatsu.
Se leggiamo da un punto neurofisiologico e visualizziamo l’abbraccio della madre, la postura del cullare ed il dondolio impresso alle braccia che sostengono, ci accorgiamo che il bambino viene sostenuto lungo tutta la sua colonna vertebrale, da cui, come l’anatomia ci insegna, escono i nervi e con questi le fibre del sistema nervoso autonomo: dal tratto toracico le fibre dell’ortosimpatico, mentre dal tratto cervicale e dalla coda lombosacrale le fibre del parasimpatico.
Si sviluppa con il ritmo impresso al dondolio la sedazione dell’ortosimpatico e una attivazione del parasimpatico. L’amore sostenente della madre e questa “combine” strategica di attivazione e sedazione a livello del sistema nervoso autonomo si traducono alla fine nella dolcezza unica del bambino addormentato.
In questa visualizzazione possiamo andare oltre, perché la mamma potrà preparargli le pappine e i vestitini più caldi, ecc. ecc., quindi ha la libertà di lavorare per il suo bambino, per prepararlo a impegnare le sue forze nella crescita e nei cambiamenti che l’aspettano.
In questa metafora ovviamente ci siamo noi con il nostro ricevente, il dondolio che applichiamo al corpo nel trattamento prono, il sostegno della nostra mano madre, il suo sistema nervoso, il suo bisogno di affidarsi e abbattere le barriere, il ritmo che gli concede il ritorno ai bisogni primitivi e che concede a noi di contattare il profondo, di andare oltre la superficie, di arrivare alla sua essenza vitale.
Il ritmo ce ne dà una lettura anche biologica; non c’è vita dove non ci sono ritmi.
Tutta la vita è fatta di ritmi: ritmo cardiaco, ritmo respiratorio (i più noti); e poi, ritmi circadiani, peristalsi, cicli lunari come le mestruazioni, ritmi dettati dal succedersi del giorno e della notte, delle stagioni, ritmi in agricoltura, ritmi di crescita, ritmi musicali, ecc., tutte esemplificazione, come scrive M. Vatrini, “del processo di espansione e contrazione del ritmo vitale all’interno del quale esistiamo”. Il ritmo con
la successione regolare, periodica, cadenzata delle fasi dell’evento, ci dà la misura del tempo, l’andamento dei fenomeni.
Se leggiamo la cosa In un’ottica energetica, l’atto del cullare fra le braccia è sostenente e il bambino è sostenuto; il sostegno dorsale permette di contattare il vaso governatore e il meridiano di vescica, meridiani che, a loro volta, sostengono la sua colonna e la sua vita.
Ma ci sono anche altre espressioni del ritmo nello shiatsu, come ricorda il compianto Mario Vatrini in “Strategie di shiatsu”, Casa Editrice Ambrosiana. In alcune “scuole di pensiero” viene detto di premere o eseguire una sequenza secondo un ordine predeterminato e questo impone un ritmo. Per acquisire abilità nel ritmo il principiante associa ogni sua azione al conteggio mentale dall’attimo in cui comincia a muoversi, in modo da avere un orologio che scandisce il tempo e gli intervalli, come si fa con gli spartiti musicali.
“L’operatore shiatsu deve sviluppare un metronomo interiore, non più razionale ma automatico, che scandisca un ritmo a cui istintivamente si adegua nel trattamento.
Abbinare il conteggio mentale all’esecuzione tecnica, è un modo per stabilire, alla lunga, un’azione fluida e ritmica del corpo e delle pressioni a cui Uke [ricevente] si abbandona volentieri ed in cui Tori [operatore] non ha più bisogno di contare. …
Riuscire a stabilire un ritmo che Uke segue, vuol dire consentire a quest’ultimo di entrare in uno stato di rilassamento e capacità di recupero eccezionali, in cui ha accesso alle proprie doti di autoguarigione. …. Lo studio del ritmo è sempre in evoluzione per l’operatore shiatsu: dopo aver sviluppato l’automatismo del proprio, dovrà poi imparare a considerare quello di Uke e, con l’esperienza, riconoscerlo ed adeguarvisi; solo successivamente farà in modo che sia Uke a seguire il suo”.
La mia personale esperienza, e per come mi hanno preparato i miei insegnanti e Maestri, è stata ed è quella di sostenere il ritmo del trattamento e delle pressioni con il ritmo della respirazione mia e del ricevente, di tutti e due insieme quando si riesce a sincronizzare il proprio ritmo respiratorio con quello di Uke (espirazione: entro, inspirazione: esco); ma dove questo non succede, seguo il mio ritmo. In particolari situazioni nelle quali entrare con la pressione è decisamente meglio ed efficace o, addirittura determinante, uso la sua espirazione per entrare e la sua inspirazione per uscire.